Casavecchia di Pontelatone DOC
Vitigno: Casavecchia
La denominazione Casavecchia di Pontelatone DOC descrive una particolare tipologia di vino anche in versione Riserva, ottenuto da uve Casavecchia prodotte in alcuni comuni distribuiti tra la provincia di Caserta e quella di Benevento.

Tipologia di Vino
Casavecchia di Pontelatone DOC (anche Riserva): Casavecchia n. minimo 85%. Possono concorre altri vitigni a bacca rossa non aromatici idonei alla coltivazione per la Regione Campania, fino a un massimo del 15%.
Caratteristiche pedoclimatiche del territorio
Risalendo il fiume Volturno, appena a nord di Capua, la piatta morfologia della Conca Campana è interrotta da una serie di rilievi che possono essere raggruppati in due gruppi montuosi, culminanti a nord nel Monte Maggiore (m 1037 s.l.m.) ed a sud nel Monte Tifata (m 602 s.l.m.). Questi, separati tra loro dal corso del fiume Volturno, si elevano dalla piana casertana con un contrasto morfologico che è reso ancor più evidente dall’assenza quasi totale di coltre detritica pedemontana.

I rilievi settentrionali, di grossolana forma quadrangolare, presentano una tettonica plio-quaternaria, caratterizzata da faglie dirette con prevalente orientamento appenninico ed è l’elemento morfogenetico più importante dell’area. Il territorio in studio è compreso proprio tra il massiccio del Monte Maggiore e i Monti tifatini. I suoli agricoli pianeggianti dei comuni di Pontelatone e di Castel di Sasso (comuni confinanti), sono chiusi ad ovest da una monoclinale costituita dal Monte Pozzillo (m 535 s.l.m.) e dal Monte grande (m 367 s.l.m.) che dal M. Maggiore in direzione appenninica raggiunge il M. Tifata, separata da quest’ultimo solo dal corso del fiume Volturno. A nord-est i suoli in oggetto sono chiusi da un’altra dorsale, costituita principalmente dal Monte Maiulo (m 430 s.l.m.), dal M. Fallano (m 318 s.l.m.) e dal M. Friento (m 730 s.l.m.) (foglio n° 172 della carta d’Italia. I.G.M.).
A nord-est dei Monti tifatini, in corrispondenza della zona collinare del comune di Castel di Sasso, la morfologia si fa più dolce: trattasi di tipi litologici poco coerenti che subiscono intensamente l’azione erosiva delle acque superficiali (Celico et al., 1977). Sia nel comune di Castel di Sasso che in quello di Pontelatone, i suoli agricoli presenti possono essere distinti in tre tipi principali: suoli detritici alluvionali; suoli di natura piroclastica; suoli arenaceo-argillosi. Nei primi, a ridosso del Fiume Volturno, si ha una disordinata alternanza di terreni ad eterogenea granulometria, costituiti da sabbie, limi, lenti di ghiaie poligeniche e da minuto detrito calcareo in vicinanza dei rilievi. Presentano permeabilità per porosità, globalmente bassa, ma puntualmente variabile in funzione della granulometria (Celico et al., 1977).
I suoli piroclastici, occupano la parte valliva e pianeggiante dei rispettivi comuni di Pontelatone e di Castel di Sasso, dai terreni alluvionali a ridosso del fiume Volturno si spingono fino alla parte collinare, occupando così un’area abbastanza estesa. In profondità presentano Ignimbrite Trachifonolitica, costituita da un compatto ammasso di pomici, scorie e lapilli, in prevalente matrice cineritica, in superficie piroclastiti sciolte (Celico et al., 1977). La parte collinare del comune di Pontelatone che abbraccia il Monte Friento con le comunicanti
colline di Castel di Sasso che a partire dalla parte valliva si spingono fino a Piana di Monte Verna e a Caiazzo, presentano suoli di tipo arenaceo-argillosi, costituiti da argille, arenarie arcosico-litiche, ricche di frammenti argillosi, lembi di argille varicolori, frequenti e, talvolta voluminosi, esotici carbonatici. Questi suoli hanno una bassa permeabilità per l’esiguo lume dei pori; solo nei terreni renacei sussiste una modesta permeabilità per fratture (Celico et al., 1977).
La temperatura media annua è di 15,6°C, la media annua delle minime è di 10,93°C, mentre la media annua delle massime è di 20,21°C. I mesi più freddi sono gennaio e febbraio con temperature medie delle minime di 4,8°C e di 4,7°C, quello più caldo è agosto con una temperatura media delle massime di 30,17°C. L’escursione termica diurna è massima nel mese di luglio (11,45°C), minima nel mese di dicembre (6,28°C). La precipitazione media annua è di 970 mm; nei mesi autunno-invernali-primaverili si ha la massima concentrazione delle piogge: da ottobre a marzo ne cadono infatti mediamente ben 736,6 mm sui 970 totali (il 76 %). Il mese più piovoso è novembre con una piovosità media di 148,3 mm, quello meno piovoso è agosto con una media di 15,9 mm di pioggia caduta. Per quanto riguarda l’umidità relativa la media annua delle minime mensili è del 52,37 %, la media annua delle massime mensili è del 91,48 %, la media annua è del 66,11 %. I mesi più umidi sono novembre e dicembre con le rispettive umidità relative medie del 76,8 % e del 76,3 %, quelli meno umidi sono giugno e agosto con le rispettive umidità relative medie del 67,57 % e del 67,56%.
Si noti che nel periodo coincidente con la fase finale della maturazione dell’uva “Casavecchia” (settembre-ottobre), si ha un notevole livello di umidità relativa: del 74,15 % nel mese di settembre; del 73 % nel mese di ottobre.
Storia della DOC
La storia popolare vuole che il Casavecchia abbia avuto origine da seme, nei pressi di un antico rudere del quale esistono ancora oggi i muri perimetrali, sito nei pressi della vecchia masseria denominata “Ciesi” nel comune di Pontelatone a pochi passi dal braccio entroterra dell’antichissima via latina che da Capua portava ad Alife. Secondo il detto popolare fu un certo Scirosso Prisco, nato a Pontelatone nel 1875, a rinvenire verso la fine del XIX secolo, in questo rudere la prima vite di Casavecchia. Egli stesso iniziò a riprodurla per propaggine e da qui si diffuse nei vicini comuni. Sembra che la gente del posto iniziò a dire in gergo dialettale “l’uva e chella casa vecchia” da qui il nome Casavecchia.
Le testimonianze dei figli affermano che la pianta quanto fu rinvenuta la prima volta (intorno al 1900) aveva già un’età consistente (diametro del fusto di 40 cm), e quindi non si può esser certi che essa sia nata da seme. Una delle ipotesi potrebbe essere che questa pianta sia la sopravvissuta di una varietà diffusa in precedenza e poi estinta, soprattutto se pensiamo all’epidemia oidica che nel 1852 colpì la Campania.
DOC

2011
Cantine
- Sclavia
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