Castelli di Jesi Verdicchio Riserva DOCG
Vitigno: Verdicchio
La denominazione Castelli di Jesi Verdicchio Riserva DOCG descrive una tipologia di vino particolare ottenuta dal vitigno Verdicchio e sottoposto ad una particolare lavorazione. Il vino è di colore giallo paglierino più o meno intenso, dall’odore delicato e caratteristico del vitigno. Al sapore risulta asciutto, armonico e con retrogusto gradevolmente amarognolo.
La zona di produzione raccoglie una serie di comuni spartiti tra le provincie di Ancona e di Macerata.

Tipologia di Vino
Castelli di Jesi Verdicchio Riserva DOCG: Verdicchio min 85%. Possono concorrere altri vitigni a bacca bianca, idonei alla coltivazione per la regione Marche, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 15%.
Il procedimento che porta alla dicitura Riserva, riguarda il vino che è stato invecchiato 18 mesi di cui 6 in bottiglia.
Caratteristiche pedo-climatiche del Terriotrio
L’area sottesa dalla denominazione Castelli di Jesi Verdicchio Riserva DOCG è geograficamente individuabile con il bacino del fiume Esino. L’area dista una ventina di chilometri dal mare e si sviluppa su una serie di colline poste attorno alla valle dell’Esina. Le altitudini vanno da Jesi che si trova a 96 metri sul livello del mare per finire a Cingoli a 630 metri.

Le caratteristiche pedo-climatiche di tale territorio sono il prodotto dell’influenza del mare, del sole e delle brezze. Queste caratteristiche producono un clima temperato particolarmente adatto alla coltivazione della vite, che si potrebbe definire “Alto collinare” caratterizzato da piovosità medie e temperature medie inferiori ai 14°C. Le aree collinari, dove si sviluppa la denominazione, presentano terreni con alto contenuto di argilla, di carbonato di calcio. Per quanto riguarda la parte pianeggiante, di origine alluvionale, presenta suoli con materiali quasi sempre calcarei e pietrosi. Il profilo manifesta un arricchimento di sostanza organica.
Storia della DOCG
I legami storici della Marca Anconetana con la coltivazione della vite sono da far risalire ai monaci benedettini, stabilitesi in zona nel medioevo. A questi monaci, si deve infatti il tramandarsi delle tecniche viticolo-enologiche, il miglioramento del prodotto, e soprattutto la conservatività.

Con il diffondersi del contratto di mezzadria che crea l’appoderamento diffuso e la disponibilità di forza lavoro, il vino cessa di essere bevanda dei soli ceti agiati e diviene alimento delle classi rurali. Già nel 1500 lo spagnolo Herrera, professore a Salamanca, descrive le più comuni varietà di viti e la tecnica della vinificazione in bianco. Fra i nomi descritti figura il Verdicchio, così spiegato “uva bianca che ha il granello picciolo e traluce più che niuna altra. Queste viti sono migliori in luoghi alti e non umidi, che piani e in luoghi grassi, e riposati, perciocchè ha la scorsa molto sottile e tenera, di che avviene che si marcisce molto presto, et ha il sarmento così tenero che da per sè per la maggior parte cade tutto e bisogna che al tempo della vendemmia si raccoglia tutta per terra, e per questa cagione ricerca luogo asciutto e non ventoso, molto alto nei colli. Il vino di questo vitame è migliore di niuno altro bianco. Si conserva per lungo tempo, è molto chiaro, odorifero e soave. Ma l’uva di esso per mangiare non vale molto.”

Inoltre tra le varie uve, quelle migliori che riescono a sfruttare la mineralità del terreno sono condizionate dall’altitudine. Si riscontra infatti che il vitigno Verdicchio, posto tra i 300 e i 500 metri presenta il miglior sviluppo e le migliori performance qualitative segno che l’esposizione e la ventilazione influiscono sul prodotto alquanto significativamente. Altrettanto specifica riguarda la potatura che deve essere lunga per contenere un alto numero di gemme sui tralci in quanto spesso le gemme prossimali ai tralci non germogliano.
La sottozona Classico

DOCG

2010
Cantine
- Colonnara
- Moncaro
Vini
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