Colli Albani DOC
Vitigni: vari
La denominazione Colli Albani DOC descrive alcune tipologie di vino bianco:
- Colli Albani DOC
- Colli Albani Superiore DOC
- Colli Albani Novello DOC
- Colli Albani Spumante DOC
Questi vini sono ottenuti da uve prodotte nei comuni di Ariccia, Albano, Pomezia, Ardea, Castelgandolfo e Lanuvio, tutti situati in provincia di Roma.

Tipologia di Vino
Colli Albani DOC: Malvasia bianca di Candia (Malvasia rossa) max 60%, Trebbiano toscano, Trebbiano giallo e Trebbiano di Soave, da soli o congiuntamente dal 25 al 50%; Malvasia del Lazio, localmente nota come Malvasia puntinata, dal 5% al 45%. Possono concorrere altre varietà a bacca bianca, idonee alla coltivazione per la Regione Lazio, fino a un massimo del 10% del totale, con esclusione delle uve dei vitigni delle varietà Moscato.
Colli Albani DOC: Resa max 115.5 hl/ha
Caratteristiche pedo-climatiche del territorio
Dal punto di vista geologico i terreni dei Colli albani e quelli pedocollinari hanno avuto origine da formazioni vulcaniche generate dalle eruzioni del Vulcano laziale: L’attività endogena che ha generato il Vulcano Laziale è iniziata circa 600 mila anni fa, con la costruzione di un edificio centrale accresciutosi via via in estensione e in altezza (oltre 2000 metri), sino al collasso della camera magmatica che ha provocato in superficie la formazione della grande depressione calderica che comprende i Pratoni di Vivaro. Successivamente, ripetute esplosioni freatomagmatiche concentrate nel settore occidentale dell’edificio vulcanico lungo un sistema di faglie distensive di direzione appenninica, hanno prodotto numerosi crateri: quelli più antichi (Ariccia, Pantano Secco e Prata Porci) sono ricoperti di edimenti e attivamente coltivati, mentre gli ultimi in ordine di età, hanno conservato i caratteri morfologici tipici di forme giovanili, ad imbuto, e sono occupati da profondi bacini lacustri come quelli Albano e di Nemi. Le eruzioni del Vulcano Laziale sono continuate fino al Paleolitico superiore (Aurignaciano), ossia fra i 29.000 ed i 25.000 anni fa. Le formazioni vulcaniche sono costituite soprattutto da ceneri e lapilli depositati in strati di notevole spessore e cementati in misura
diversa.

Si possono distinguere: pozzolane (localmente dette “terrinelle”), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all’acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; tufi litoidi, più o meno duri, derivati dalla cementazione delle ceneri e dei lapilli, con diverse denominazioni locali (cappellacci, cappellacci teneri, occhio di pesce, occhio di pernice, ecc.), coprono la parte maggiore del territorio considerato. Sono di scarsa o nulla permeabilità all’acqua e alle radici ed è necessario pertanto procedere a scassi profondi per permettere agli agenti atmosferici di attivare la pedogenesi e mettere a disposizione delle colture, in particolare della vite, uno strato sufficiente di terreno agrario per lo sviluppo radicale e la nutrizione idrica e minerale; rocce laviche, dure, poco attaccabili dai mezzi meccanici e dagli agenti atmosferici. Coprono una minima parte del territorio in zone vicine ai crateri di eruzione. In generale danno origine a terreni di scarso spessore dove s’insedia il pascolo o il bosco; alluvioni recenti formatesi nelle zone
pianeggianti per deposito alluvionale proveniente dalle pendici sovrastanti. I terreni derivati sono profondi, tendenzialmente argillosi, spesso umidi.
L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 110 e i 650 m s.l.m., con pendenza variabile: l’esposizione generale è orientata verso ovest e sud. Il clima è di tipo mediterraneo di transizione ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 822 ed i 1110 mm, con aridità estiva non molto pronunciata (pioggia 84-127 mm) nei mesi estivi. Temperatura media piuttosto elevata compresa tra i 13,7 ed i 15,2°C: freddo poco intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 3-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 3,4 e 4,0° C.
Storia della DOC
Le più importanti ville situate nei dintorni di Roma, nell’area dei Colli Albani, corrispondente agli odierni Castelli Romani, possedevano grandi spazi dedicati alla conservazione del vino: molti vini famosi all’epoca dei romani molti provenivano dai Colli Albani. Orazio per celebrare il Natalizio di Mecenate aprì un’anfora di vino Albano vecchio di più di nove anni, quando descrive la cena di Nasidieno vi pone l’Albano ed il Falerno, ed altrove loda l’uva Albana appassita al fumo. Dionisio parlando del territorio di Albano riporta “ammirabili per l’amenità, fertilissimi d’ ogni genere di biade, di maniera che non cedevano ad alcun’ altro campo d’Italia, e particolarmente per la bontà del vino soavssìmo , propriamente chiamato Albano superiore a tutti gli altri , ad eccezione di quello di Falerno.”.
Con la fine della barbarie lentamente la vita si fece più normale, e anche l’agricoltura ovviamente ricominciò a prosperare. La viticoltura nei Colli albani si diffuse nuovamente, razionalizzandosi, fino a diventare la coltura principale del territorio castellano, grazie anche alla grande richiesta di vino di Roma, sede della corte papale e teatro di un forte aumento della popolazione. Gli Statuta Vniversitatis Castri Gandvlphi, emanati nel 1588 e gli Statuti dell’antica e nobil Terra dell’ Ariccia, concessi dal duca Paolo Savelli nel 1610, contengono Capitoli che stabilivano tra l’altro l’epoca della vendemmia e regolavano il commercio del vino.
DOC

1970
Estensione: 7900 ettari