Colli Bolognesi DOC
Vitigni: vari
La denominazione Colli Bolognesi DOC descrive diverse tipologie di vino come:
- Colli Bolognesi Bologna Rosso DOC
- Colli Bolognesi Bologna Bianco DOC
- Colli Bolognesi Spumante DOC
e altre con riferimento allo specifico vitigno utilizzato come
- Pinot bianco,
- Barbera,
- Merlot,
- Cabernet Sauvignon,
- Pignoletto,
- Chardonnay,
- Sauvignon,
- Riesling.
La zona di produzione è compresa da una serie di comuni suddivisi tra le province di Bologna e Modena.

Tipologie di Vino
Colli Bolognesi Bologna Rosso DOC (anche versione Riserva): Cabernet Sauvignon min 50%. Possono concorrere alla produzione di detto vino altri vitigni a bacca rossa, non aromatici, idonei alla produzione nell’ambito della Regione Emilia Romagna fino ad un max 50%.
Colli Bolognesi Bologna Bianco DOC: Sauvignon min 50%. Possono concorrere alla produzione di detto vino altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, idonei alla produzione nell’ambito della Regione Emilia Romagna fino ad un max 50%. In tale ambito il Trebbiano può concorrere al massimo di un 15%.
Colli Bolognesi Bologna Spumante DOC: Chardonnay e Pinot Bianco, da soli o congiuntamente min 40%. Sauvignon, Riesling, Pinot nero e Pignoletto, da soli o congiuntamente fino ad un max 60%.
Caratteristiche pedo-climatiche del territorio
Quest’area include la zona pedecollinare e di media collina compresa tra il fiume Panaro a Ovest e il torrente Idice a Est. La zona è attravesata dall’ampia vallata del fiume Reno e da quelle minori dei torrenti Samoggia, Lavino e Idice. Tutti questi corsi d’acqua hanno andamento perpendicolare all’asse appenninico e delimitano rilievi interfluviali dal profilo più o meno accentuato a seconda dei materiali geologici che attraversano. Comprende quindi rocce di età diversa che danno luogo ad un paesaggio segnato da rilievi, frequentemente a forma tabulare o di rupe, bordati da ripidi versanti e da pareti rocciose (contrafforti). Queste forme derivano dalla scarsa erodibilità delle rocce che compongono l’unità. Si tratta di arenarie stratificate, con subordinate marne e conglomerati.

La coltivazione della vite è diffusa in maniera preponderante a quote inferiori ai 300m sul livello del mare, in sinistra Reno su suoli a tessitura fine, con contenuto in calcare variabili e su suoli a tessitura moderatamente fine, con elevata componente limosa e molto calcarei.

Storia della DOC
Quando i romani, circa due scoli prima della nascita di Cristo, sottomisero ed unificarono sotto il segno della lupa i territori abitati dalle tribù dei galli boi, avevano probabilmente mille motivi per farlo, non esclusi quelli legati alle ricchezze agricole di tali zone. I filari di vite erano maritati ad alberi vivi, secondo l’uso introdotto dagli etruschi e sviluppato successivamente dai galli. Tale metodo infatti, viene chiamato arbustum gallicum, particolarmente adatto non solo alle terre basse ed umide della pianura, ma soprattutto si era incrementato notevolmente sulla zona collinare. E’ accertato che da tali terreni, soprattutto quelli collinari posti a sud di Bononia, i nostri antenati latini producessero vini che li appassionarono moltissimo. Le terre dell’agro bononiese erano coltivate dai veterani di tante campagne militari in tutto il mondo allora conosciuto, per cui la bevanda bacchica era palesemente bevuta, gustata ed apprezzata.

Plinio il Veccio (I sec d.C) nel capitolo Ego sum pinus laeto, tratto da Naturalis Historia, enuncia che in apicis collibus bononiensis vi si produceva un vino frizzante ed albano, cioè biondo, molto particolare ma non abbastanza dolce per essere piacevole, e quindi non apprezzato, poichè è risaputo che durante l’epoca imperiale era gradito il vino dolcissimo, speziato ed aromatizzato con innumerevoli essenze, inoltre, sempre molto maturo, in quanto i vini giovani non erano in grado di soddisfare i pretenziosi palati della nobiltà.

I monaci-agresti produssero delle biografie in cui si può accertare che sulle colline bolognesi si produceva un buon vinello dorato e mordace, appunto frizzante. Nel 1300, Pier de’ Crescenzi, nel più importante trattato di agronomia medievale Ruralium commodorum, descriveva le caratteristiche organolettiche del pignoletto che si beveva allora, in quanto il vino, oltre che maggiormente prodotto, era quello più gradito per piacevolezza e per la vivace e dorata spuma. Agostino Gallo ne “Le venti giornate dell’agricoltura” del 1567 sollecitava di piantare le uve pignole in quanto per la notevole produzione, permetteva un florido commercio perchè sempre ricercate.
Il Bacci, medico e botanico di Papa Sisto V, nel personale trattato del 1596 +De naturalis vinarium istoria de vitis italiane asseriva le “rare et optime..” qualità intrinseche dell’uva pignola. Così pure Soderini, noto agronomo fiorentino, sempre in quegli anni, ne confermava le caratteristiche. Il Trinci, 1726, pone in evidenza le caratteristiche di tale vitigno: l’0dierno pignoletto si riscontra nella sua quasi totalità di tali affermazioni, per non dire che sono le medesime. Ultime conferme sono riportate nel “Bullettino Ampelografico” del 1881, in cui è nominata l’uva pignola prodotta nelle colline poste a sud dell’urbe di Bologna, la cui assomiglianza con l’attuale produzione è stupefacente, e non lascia più adito ad altri dubbi di sorti.

DOC

1985
Cantine
- Gaggioli
- Tenuta Bonzara
- Tizzano
Vini
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