Esino DOC
Vitigni: vari
La denominazione Esino DOC descrive due diverse tipologie di vino:
- Esino Bianco DOC
- Esino Rosso DOC
prodotti da uve coltivate esclusivamente in tutto il territorio della provincia di Ancona e alcuni comuni della provincia di Macerata.

Caratteristiche pedo-climatiche del territorio
Il territorio così delimitato è compreso tra il mare Adriatico ed i monti Sibillini, in particolare è solcato a nord dai fiumi Cesano, Nevola e Misa e a sud dal fiume Aspio. Ma è il fiume Esino a caratterizzare maggiormente questo territorio ed è proprio a lui che si deve il nome di questa denominazione.

Questo fiume ha scavato nel tempo un ampio bacino che risente sia delle influenze delle alture dell’Appennino che quelle del mare Adriatico. L’orografia del territorio è essenzialmente collinare e la natura geologica dei terreni è abbastanza omogenea. Sono infatti presenti sia rocce pelitico-calcaree che pelitico-argillose che denotano alti livelli di instabilità. La litologia delle valli si caratterizza invece da numerosi depositi alluvionali, talvolta ghiaiosi che rispecchiano i bacini ad alimentazione calcarea.
L’altimetria della zona è abbastanza contenuta e le pendenze non sono molto elevate. Oltre il 70% del territorio si trova a quote minori di 350 metri sul livello del mare. Le zone pianeggianti, non esclusivamente di fondovalle, costituiscono il 10% della superficie totale della Esino DOC. Non si evidenziano esposizioni dominanti. La temperatura media del mese di Gennaio si aggira intorno ai 5°C mentre quella di luglio intorno ai 22°C, si può quindi considerare quindi questo clima temperato (Classe C di Koppen) con estati calde.
Storia della DOC
Il territorio della zona Esino DOC era già testimone della coltivazione della vite in epoca romana, che però andò scemando dopo la caduta dell’impero romano. Durante l’alto Medio Evo le uniche superfici vitate erano concentrate in piccoli appezzamenti posti nelle immediate vicinanze dei Castelli, chiamati Corti o Cortine. La viticoltura si riprese solo grazie all’insediamento degli ordini monastici, che fondarono numerosi Abbazie nel territorio.
Successivamente si diffuse la mezzadria, speciale rapporto associativo tra capitale e lavoro che contribuì allo sviluppo rurale del tempo andando a delineare quel paesaggio agrario ordinato e diffusamente coltivato che costituisce il tratto tipico delle Marche. La coltivazione della vite interessò la gran parte dei poderi che vennero a formarsi, ma la dimensione delle produzioni era limitata alla forza lavoro famigliare.
Nel 1269, il giudice De Crescenzi in Senigallia descrisse le vigne della Marca di Ancona come “fatte di piante sorrette da canne e pali” e asseriva che la piantata bolognese su olmo e acero richiedeva minori cure rispetto alla vigna. Nel catasto di Corinaldo del 1532 si riscontra che la vigna rappresentava allora, nell’area provinciale, l’”unico modo di coltivare la vite nel solco di un’antica tradizione risalente alla prima età comunale”.
Però solo nel XVI secolo si ebbe una ragguardevole diffusione della vite, dove i campi seminati venivano delimitati da filari di vite ed il vino divenne un prodotto di largo consumo. Il modello colturale dell’alberata, già diffuso in epoca romana, era tornato in auge ad opera di piccoli proprietari coltivatori e di vignaioli parzionari (braccianti immigrati delle coste balcaniche disposti a stipulare con il proprietario del terreno un contratto con l’impegno ad impiantare una vigna, a dividere a metà il prodotto).
Andrea Bacci, noto enografo ed Archiatra pontificio, nella sua opera sistematica “De naturali vinorum historia” del 1596 inserisce per la Marca di Ancona i vini di Loreto, Sirolo e Numana definendoli sani e conservabili per lungo tempo. Del territorio di Senigallia afferma “che produce ottimi vini e in abbondanza”, mentre per l’area di Jesi richiama la presenza dell’Abbazia di Chiaravalle riportando che “i nobili coloni si dedicano ad essi con non minore impegno importando i migliori vitigni ed i loro vini gareggiano con i generosi Trebbiani”. La rassegna dei vini della zona si chiude con il territorio del fabrianese con la citazione del “Cerretano, vino di tanta forza che si conserva a lungo più come medicina che come bevanda”.
DOC

1995