Falerno del Massico DOC
Vitigni: Vari
La denominazione Falerno del Massico DOC descrive diverse tipologie di vino:
- Falerno del Massico Bianco DOC
- Falerno del Massico Rosso DOC
e le tipologie monovitigno come
- Falerno del Massico Primitivo DOC
- Falerno del Massico Primitivo Riserva DOC
Questi vini sono ottenuti da uve prodotte esclusivamente nei comuni di Sessa Aurunca, Cellole, Mondragone, Falciano del Massico e Carinola in provincia di Caserta.

Tipologia di Vino
Falerno del Massico Bianco DOC: Falangina min l’85%. Possono concorrere altre varietà a bacca bianca idonee alla coltivazione per la regione Campania fino ad un massimo del 15%.
Falerno del Massico Rosso DOC: Aglianico min 60%, Piedirosso max 40%. Possono concorrere altre varietà a bacca rossa idonee alla coltivazione per la regione Campania fino ad un massimo del 15%.
Falerno del Massico Primitivo DOC (anche Riserva): Primitivo min l’85%. Possono concorrere alla produzione Aglianico, Piedirosso e Barbera, da soli o congiuntamente, presenti nei vigneti fino ad un massimo del 15%.
Caratteristiche pedoclimatiche del territorio
Il territorio di produzione è ubicato nella zona nord-occidentale della provincia di Caserta, già noto come Ager Falernus. Orograficamente la zona prende origine dal massiccio vulcanico di Roccamorfina a Nord-nordovest, mentre la struttura calcarea del Monte Massico con direzione sudovest-nordest taglia quasi nettamente in due il territorio, per cui la pianura e la collina di Sessa Aurunca risultano racchiuse, come in una conchiglia, da questa dorsale e dal Monte S.Croce. Dal punto di vista geologico il territorio è caratterizzato da stratificazioni risalenti al Trias superiore, che rappresenta il livello più antico (Monte Massico) sino ad arrivare ad epoche più recenti come il quaternario alluvionale. Il terreno è calcareo-dolomitico e fa parte della piattaforma carbonatica appenninica. Mentre l’apparato vulcanico di Roccamonfina presenta ovviamente caratteristiche tutte diverse. Questo vulcano ormai spento, con i suoi 450 Km2 è per dimensione il quarto vulcano italiano. Esso non presenta rapporti diretti nè con la zona vulcanica laziale nè con quella dei Campi Flegrei e del Vesuvio.

Questo versante gode di un clima di notevole dolcezza con estati non eccessivamente calde ed inverni miti. Molto rari i casi in cui il termometro scende sotto zero, mentre i giorni di sole durante l’anno sono di numero elevato. Buona anche la piovosità che si solito nell’arco dell’anno supera i 1000mm. Purtroppo la distribuzione delle piogge si concentra nell’autunno-inverno (70%).

Per la sua ubicazione litoranea è il Ponente il vento che vi predomina senza però mai aver provocato danni per intensità. Piuttosto dannosi invece i venti di tramontana e maestrale che per intensità e temperatura possono a volte, compromettere la fioritura sul finire dell’Inverno ed in Primavera.
Storia della DOC
La coltivazione della vite in questo territorio si perde nella notte dei tempi. Fin dall’epoca di Orazio e di Virgilio (e certamente anche prima) quest’area era nota come Ager Falernus.
Prima gli etruschi e poi i Romani effettuarono un’intensa coltivazione delle uve nelle zone destinate esclusivamente alla produzione dell’antico Falernum. Ancora oggi sono visibili nel territorio resti archeologici di antiche “Villae rusticae” con annesse cantine ed attrezzature in pietra, destinate alla vinificazione e conservazione del Falerno. Tale vino era suddiviso, a seconda dell’altimetria di produzione delle uve, in “Caucinum”, “Faustianum” e “Falerno” constraddistinto quindi a livello organolettico dalle tipologie “austerum”, “dulce” e “tenue” e venduto in tutte le province dello sterminato impero romano in anfore di terracotta contrassegnate dai “Pittacium” (etichette dell’epoca) in cui veniva specificato il tipo di vino, l’anno di produzione e la zona di provenienza delle uve. Le navi onerarie deputate al trasporto delle anfore di Falerno, salpavano dai porti di Sinuessa, Gianola e dalla foce del Garigliano.

Ma venendo ai giorni nostri, analizziamo qualche notizia partendo dal catasto agrario del 1929. La forma di allevamento prevalente nel vigneto specializzato era la controspalliera con potatura a cordone speronato. Negli anni successivi tali produzioni si sono modificate sempre più a favore della qualità, aumentando significativamente il numero di viti per ettaro con una rilevante riduzione degli ettolitri prodotti. Si è giunti ad impianti con densità oscillante tra le 6000-8000 piante per ettare ed una resa produttiva tra gli 80-100 q/Ha.
DOC

1989
Cantine
Vini
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