Lambrusco di Sorbara DOC
Vitigno: Lambrusco di Sorbara
La denominazione Lambrusco di Sorbara DOC descrive una serie di tipologie di vino come:
- Lambrusco di Sorbara Rosso Spumante DOC
- Lambrusco di Sorbara Rosato Spumante DOC
- Lambrusco di Sorbara Rosso Frizzante DOC
- Lambrusco di Sorbara Rosato Frizzante DOC
La zona di produzione del Lambrusco di Sorbara comprende una serie di comuni appartenenti alla provincia di Modena.

Tipologia di Vino
Il vino Rosso Spumante o Frizzante presenta un colore rosso rubino o granato di varie intensità con un odore gradevole che ricorda quello della violetta, fine, floreale, ampio e composito. Con diversi gradi di dolcezza, dal secco al dolce, risulta di corpo, sapido e armonico.
Lambrusco di Sorbara DOC: Lambrusco di Sorbara min 60%, Lambrusco Salamino max 40%. Possono concorrere altri lambruschi, da soli o congiuntamente fino a un massimo del 15%.
Caratteristiche pedo-climatiche del territorio
La provincia di Modena, al centro della regione emiliana, ha tutte le caratteristiche climatiche della Valle Padana, anche se differenziazioni non lievi sono indotte dal fatto che la metà di essa si sviluppa nella regione collinare e montuosa appenninica. La speciale posizioni della pianura, posta ai piedi dell’Appennino, è la causa di un regime termo-pluviometrico tipicamente continentale, con estate calde ed inverni rigidi.

I venti umidi del sud vi giungono generalmente asciutti, determinando una bassa pluviometria, molto inferiore a quella che si registra, ad esempio nell’Italia centrale. La natura argillosa e compatta di gran parte dei terreni modenesi non ha certo facilitato l’esercizio dell’agricoltura attraverso i secoli e ne costituisce ancora oggi uno degli aspetti più difficili. Si deve quindi soprattutto all’attività dell’uomo il fatto di aver creato le condizioni per mantenere l’ambiente naturale e fertile attraverso canalizzazioni di scolo, difesa degli eccessi idrologici, tecniche ed ordinamenti colturali basati sull’impiego di ammendanti organici per ridurre il carattere negativo dell’eccessiva argillosità dei terreni agrari.

L’ambiente pedoclimatico modenese favorisce un naturale accrescimento della vite. Le imprese viticole hanno optato per forme di allevamento a cordone permanente con tralci ricadenti capaci di contenere la vigoria delle piante. La forma di allevamento deve inoltre consentire un’adeguata distribuzione spaziale delle gemme, esprimere la potenzialità produttiva delle piante, permettere la captiazione dell’energia radiante, assicurare sufficiente aerazione e luminosità ai grappoli.
Storia della DOC
Della vitis Labrusca ne parla Catone nel De Agricoltura e Varrone nel De Rustica. E ancora Plinio, che nella Naturale Historia, documenta le caratteristiche della vitis vinifera le cui forgli come quelle della vite Labrusca, diventano di colore sanguigno prima di cadere. Nel 1300 il bolognese Pier dè Crescenzi, nel suo trattato di agricoltura osserva sulle Labrusche, che “nere sono, tingono i vini e chiariscono, ma intere e con raspi stropicciati si pongono nei vasi e non viziano il sapore del vino”. E’ il primo documento che indica che in quei tempi era nato l’uso di fare il vino dall’uva di quelle viti, che forse non erano più tanto “selvatiche”. Occorre ricordare infatti che le antiche Labrusche erano le viti selvatiche (vitis vinifera silvestris) o le viti della sottospecie vitis vinifera sativa, che nascevano spontaneamente da seme, nei luoghi non coltivati. Per questo motivo il Lambrusco è considerato uno dei vitigni più autoctoni del mondo in quanto deriva dall’evoluzione genetica della vitis vinifera silvestris occidentalis la cui domesticazione ha avuto luogo nel territorio modenese.
Il vino Lambrusco è sempre stato tenuto in grande onore dai Duchi, tanto è vero che, due secoli e mezzo prima, in un suo olografo del giugno del 1430, Nicolò III d’Este aveva ordinato che “di tutto il vino che veniva condotto da Modena a Parigi, la metà del dazio non venisse pagata”, in modo da favorirne il commercio. L’origine storica della denominazione Lambrusco di Sorbara è sicuramente nota fin dal 1800 come dimostrano i numerosi documenti storici tra i quali troviamo il Saggio Chimico-Igeologico-Terapeutico sul vino Lambrusco di Sorbara estratto dal fascicolo dell’Associazione Agraria Italiana della regia Accademia di Torino, pubblicato sulla Gazzetta di Modena di mercoledì 11 giugno 1862.

Le pratiche relative all’elaborazione di un vino mosso come il Lambrusco sono tradizionalmente consolidate e fanno riferimento esclusivamente alla pratica della rifermentazione naturale in bottiglia e della rifermentazione naturale in autoclave, indispensabili a conferire ai vini Lambrusco le loro peculiari caratteristiche. Le operazioni di arricchimento e l’aggiunta dello sciroppo di dosaggio sono consentite nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla normativa comunitaria.
Gli autori latini (Catoni, Plinio, Columella) nei loro scritti descrivono la produzione di un vino mosso (lambrusco) in grado di liberare spuma e quindi se ne deriva l’immagine di un vino frizzante. Occorre però attendere lo sviluppo delle conoscenze che si ebbero dalla fine del 1600 per capire la causa biologica e la natura chimica della fermentazione alcolica ed alcuni aspetti relativi alla tecnica enologica collegata. Altre scoperte dovevano però fare in modo che tutta l’anidride carbonica prodotta nel corso della fermentazione rimanesse sciolta nel vino: occorreva da un lato un contenitore in grado di reggere la pressione e dall’altro un tappo che ne impedisse la fuga. Sono due condizioni queste che si realizzarono tra la fine del 1600 e gli inizi del 1700. Tale propensione per vini frizzanti bianchi e rossi viene ricordata da Autori successivi di questo periodo, fino alla conclusione della lunga evoluzione genetica che porterà alla migliore identificazione delle viti selvatiche dei latini nelle varietà bianche e soprattutto rosse (famiglia dei Lambruschi modenesi).
Dalla metà dell’800 alla metà del ‘900 la maniera più diffusa per ottenere un lambrusco frizzante naturale in senso industriale era rappresentata dalla rifermentazione in bottiglia. Si otteneva così un lambrusco frizzante torbido, senza sboccatura, e la gran parte del prodotto. Nel 1860 prese così ad operare a Modena la prima cantina di produzione del Lambrusco frizzante. Le produzioni migliori venivano comunque sottoposte alla eliminazione delle fecce anche con metodi che ne diminuissero le perdite quanti-qualitative, dapprima con macchine travasatrici isobariche (messe a punto dal Martinotti a fine ‘800), mentre attualmente anche nei vini frizzanti e spumanti rifermentati in bottiglia si usa eliminare il deposito di fecce di lievito dopo averlo fatto discendere verso il tappo e previo congelamento del collo della bottiglia.
DOC

1970
Cantine
- Cleto Chiarli
- Cavicchioli
- Cantina di Carpi e Sorbara
- Gianfranco Paltrinieri
Vini
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