Modena DOC
Vitigni: Vari
La denominazione Modena DOC include diverse tipologie di vino come:
- Modena Bianco DOC,
- Modena Rosso DOC,
- Modena Rosato DOC,
- Modena Lambrusco Rosso Frizzante DOC,
- Modena Lambrusco Rosato Frizzante DOC,
- Modena Lambrusco Rosso Spumante DOC,
- Modena Lambrusco Rosato Spumante DOC,
- Modena Pignoletto Spumante DOC
Tutti questi vini sono ottenuti da uve prodotte nella provincia di Modena.

Tipologie di Vino
Modena Lambrusco DOC: Lambrusco grasparossa, Lambrusco salamino, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Marani, Lambrusco Maestri, Lambrusco Montericco, Lambrusco Oliva, Lambrusco a foglia frastagliata, da soli o congiuntamente, nella misura minima dell’85%. Altri vitigni idonei possono concorrere fino ad un max 15%.
Modena DOC Bianco: Montuni, Pignoletto, Trebbiano (tutte le varietà e cloni idonei alla coltivazione nella regione Emilia Romagna), da soli o congiuntamente, nella misura minima dell’85%. Altri vitigni idonei possono concorrere fino ad un max 15%.
Modena DOC Rosso, Rosato: Lambrusco grasparossa, Lambrusco salamino, Lambrusco di Sorbara, Lambrusco Marani, Lambrusco Maestri, Lambrusco Montericco, Lambrusco Oliva, Lambrusco a foglia frastagliata, minimo 85%; per il complessivo rimanente possono concorrere, da sole o congiuntamente, le uve di vitigni Ancellotta, Fortana e, per non più del 15%.
Caratteristiche pedo-climatiche del territorio
La speciale posizione della pianura, posta ai piedi dell’Appennino, è la causa di un regime termo-pluviometrico tipicamente continentale, con estati calde ed inverni rigidi. I venti umidi del sud vi giungono generalmente asciutti, determinando una bassa pluviometria, molto inferiore a quella che si registra, ad esempio nell’Italia centrale. I valori medi degli indici relativi alla luminosità, all’escursione termica alle precipitazioni piovose, confermano l’alto grado di continentalità del nostro clima caratterizzato tra l’altro da piovosità mal distribuita, con due massimi (primavera ed autunno) di pericoloso eccesso idrologico e due minimi (inverno ed estate) di grave carenza.

Storia della DOC
Della vitis Labrusca ne parla Catone nel De Agricoltura e Varrone nel De Rustica. E ancora Plinio, che nella Naturale Historia, documenta le caratteristiche della vitis vinifera “le cui foglie come quelle della vite Labrusca, diventano di colore sanguigno prima di cadere“. Nel 1300 il bolognese Pier dè Crescenzi, nel suo trattato di agricoltura osserva sulle Labrusche, che “nere sono, tingono i vini e chiariscono, ma intere e con raspi stropicciati si pongono nei vasi e non viziano il sapore del vino“. E’ il primo documento che indica che in quei tempi era nato l’uso di fare il vino dall’uva di quelle viti, che forse non erano più tanto selvatiche. Occorre ricordare infatti che le antiche Labrusche erano le viti selvatiche (vitis vinifera silvestris) o le viti della sottospecie vitis vinifera sativa, che nascevano spontaneamente da seme, nei luoghi non coltivati.

Per questo motivo il Lambrusco è considerato uno dei vitigni più autoctoni del mondo in quanto deriva dall’evoluzione genetica della vitis vinifera silvestris occidentalis la cui domesticazione ha avuto luogo nel territorio modenese. Il vino Lambrusco è sempre stato tenuto in grande onore dai Duchi, tanto è vero che, due secoli e mezzo prima, in un suo “olografo” del giugno del 1430, Nicolò III d’Este aveva ordinato che “di tutto il vino che veniva condotto da Modena a Parigi, la metà del dazio non venisse pagata”, in modo da favorirne il commercio.
Giosué Carducci durante i suoi soggiorni a Modena era solito pranzare alla trattoria Diciotto Colonne, dove gli veniva ogni giorno dedicato un tavolo e servito il solito menu richiesto: due fette di zampone accompagnate da del Lambrusco. Nello stesso periodo vi era la Trattoria dell’Artigliere famosa per il suo lambrusco brioso ed effervescente. A produrlo era il proprietario della trattoria, Cleto Chiarli, che grazie al successo del suo vino che ogni giorno faceva affollare la sua osteria di clienti in tutte le ore della giornata, decise di fondare la prima azienda vitivinicola di Lambrusco. Tanto che nel 1900 Cleto Chiarli vinse all’Esposizione universale di Parigi il prestigioso premio di “Mention Honorable”, per la produzione delle sue bottiglie di vino Lambrusco, in particolare per l’etichetta, il tappo di sughero legato a spago e per la qualità del vino. A seguito di tale successo, seguirono molti altri produttori, che presto si unirono insieme per formare le cooperative sociali (attualmente ancora vitali): La Cantina Sociale di Carpi fondata nel 1903, la Cantina Sociale di Nonantola nel 1913 e la Cantina Sociale di Sorbara nel 1923.
I Lambruschi
Il lambrusco grasparossa è tra i lambruschi forse il più diffuso ed utilizzato. I suoi vigneti si estendono nella zona pedecollinare e collinare modenese (dove a Castelvetro vi è anche la DOC ad esso dedicata) dove le caratteristiche di allegria e giocosità si vanno via via perdendo per assumere sempre di più il carattere di un vino rosso.
Il lambrusco di Sorbara è invece il clone più versatile della famiglia dei lambruschi. Grazie alle sue caratteristiche di elevata acidità, è perfetto per la spumantizzazione e per il metoto ancestrale e la rifermentazione in bottiglia. Il suo colore è molto tenue. La sua zona più vocata è quella tra il fiume Secchia ed il Panaro, dove il fondo sciolto è sabbioso e ricco di potassio. Questo vitigno si caratterizza per le sue intense note olfattive floreali (viola e rosa) e fruttate (mirtillo e frutti rossi).
Il lambrusco salamino, detto anche Salamino di Santacroce (altra DOC dedicata) località in cui è particolarmente diffuso. Questo vitigno ha trovato quindi nella zona tra Santacroce e Carpi, e nella pianura intorno a Correggio, il terreno più vocato, dove il terreno fertile si adatta particolarmente alle sue esigenze. Infatti essendo un vitigno di grande vigoria ama i terreni in pianura con sistemi di allevamento a GDC, casarsa e sylvoz, tutti adatti alla lavorazione meccanica. I vini ottenuti con questo vitigno sono di un colore intenso e carico con evidenti tonalità violacee. I sentori più evidenti sono invece quelli fruttati che ricordano il lampone.
Il lambrusco Marani è un clone tipico soprattutto del Reggiano. Anche lui dotato di elevata vigoria e produttività, viene quasi sempre utilizzato in assemblaggio con altri lambruschi, non essendo dotato di sufficiente struttura e tannicità. Il suo colore è violaceo con aroma fruttato di ribes.
Il lambrusco Montericco, noto anche come Selvatica di Montericco, è un vitigno tipico della collina Reggiana, e si reputa sia originario proprio del nome del comune da cui prende il nome. Questa varietà soffre però di acinellatura, e la scarsa maturazione porta ad ottenere vini con tonalità poco intense, spesso tendenti al cerasuolo. Da esso si producono vini freschi e beverini.
DOC

2009
Cantine
- Quintopasso
- Gianfranco Paltrinieri
- Cleto Chiarli
Vini
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