Penisola Sorrentina DOC
Vitigni: Vari
La denominazione Penisola Sorrentina DOC descrive diverse tipologie di vino:
- Penisola Sorrentina Bianco DOC
- Penisola Sorrentina Rosso DOC
- Penisola Sorrentina Rosso Frizzante DOC
includendo a volte nella menzione le sottozone Sorrento, Lettere, Gragnano. Questi vini sono ottenuti da uve prodotte esclusivamente in una serie di comuni presenti in provincia di Napoli e che comprendono il territorio della Penisola Sorrentina e limitrofa.

Tipologie di Vino
Penisola Sorrentina DOC Bianco: Falanghina e/o Biancolella e/o Greco bianco minimo 60%. Con una presenza di Falanghina minima del 40%. Possono concorrere altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, idonei o consigliati per la provincia di Napoli fino ad un massimo del 40%.
Penisola Sorrentina DOC Rosso: Piedirosso (Pér’ e palummo) e/o Sciascinoso (localmente detto Olivella) e/o Aglianico minimo 60%. Con una presenza di Piedirosso minima del 40%. Possono concorrere altri vitigni a bacca nera non aromatici idonei o consigliati per la provincia di Napoli fino ad un massimo del 40%
Caratteristiche pedo-climatiche del territorio
La Penisola Sorrentina, che va da Castellammare di Stabia a Punta campanella, è formata dai Monti Lattari, lunga vertebra dei Monti Piacentini. La catena montuosa è delimitata a nordovest dal golfo di Napoli, a nord dalla pianura del fiume Sarno, ad est dalla vallata metelliana ed a sud dal golfo di Salerno.

I Lattari sono posti perpendicolarmente all’Appennino, come incernierati a questa catena nella zona di Cava dei Tirreni, e ne hanno la stessa costituzione chimica, cioè sono sedimenti carbonatici, accumulatisi in milioni di anni. Questi sedimenti che alla vista sono le comuni rocce bianche calcaree, non sono altro che microrganismi e altri piccoli animali marini, che con le loro conchigliette per circa 200 milioni di anni hanno realizzato spessori anche di diversi migliaia di metri, ora sotto la superficie terrestre.
Storia della DOC
Furono probabilmente i greci a piantare per primi la vite sulle pendici dei Monti Lattari e ad insegnare le tecniche colturali agli oschi, gli antichi abitanti dei Monti Lattari, terre rese fertili dalle eruzioni vulcaniche. Anche i Romani erano grandi estimatori del vino prodotto sui Lattari, allora parte integrante dell’ager Stabianus: nelle numerose ville rustiche ritrovate (circa 50), la coltivazione della vite era la principale attività. Lo testimoniano i numerosi torchi (torcularium) ritrovati, i grandi dolia seminterrati dove era messo a fermentare l’uva pigiata, e le caratteristiche anfore fittili adatte al trasporto via mare. Fino a metà del ‘900, si svolgeva tra i commercianti napoletani e i massari gragnanesi la “trafica del vino”, ovvero l’acquisto del vino novello, portato poi a Napoli nelle botti su grandi carri, i traini, non prima di aver provveduto ad abbondanti libagioni, pranzi sull’aia e balli al suono di flauti e tamorre.
Nel 1845 il Gigante riportò “Il vino di Gragnano, per antonomasia dette il nome a tutti i vini del napoletano, sicché bastava dir Gragnano per intendere un vino fragrante, limpido, abboccato, vocabolo che significa dolce e di vitigno, non artificiale. Che il vino di Gragnano si deve grandemente pregiare, perché è di color granato, chiaro, odoroso e te ne puoi bere due bocce senza tornare a casa ubriaco, che non vi era cantina a Napoli dove non trovarsi il Gragnano”.
Mario Soldati, esperto contemporaneo di vini, così ce ne parla dopo un viaggio sui Lattari, con più obiettivo distacco: “Il Gragnano ha un colore rosso rubino carico, che tira allo scuro; profumo vinoso e campestre; frizzantino, e quando giovane addirittura spumoso di una spuma che calava subito e subito spariva per sempre; pastoso, denso ma allo stesso tempo scivoloso: di corpo, e con un aroma, un retrogusto gradevolissimo di affumicato della stessa specie di quello del whisky al malto ma infinitamente più volatile. Nonostante il colore, non va bevuto a temperatura ambiente, ma freddo, e freddo di cantina, naturalmente, mai di frigorifero“.
Sante Lacerio, riferendo delle abitudini del Papa Paolo III Farnese, ricorda come Sua Santità bevesse il vino di Sorrento “volentieri la state ai grandi caldi, massime alla sera per cacciare sete, sicché è vino da signori”…”un delicato bere”.
DOC

1994
Cantine
- Cantine Federiciane
Vini
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4 risposte
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