Sicilia DOC
Vitigni: vari
La denominazione Sicilia DOC include diverse tipologie di vino a seconda dei vitigni utilizzati:
- Sicilia Inzolia DOC
- Sicilia Grillo DOC
- Sicilia Grecanico dorato DOC
- Sicilia Calabrese DOC
- Sicilia Frappato DOC
- Sicilia Nerello DOC
- Sicilia Mascalese DOC
- Sicilia Perricone DOC
- Sicilia Chardonnay DOC
- Sicilia Carricante DOC
- Sicilia Catarratto DOC
- Sicilia Pinot Nero DOC
- Sicilia Moscato DOC
- Sicilia Zibibbo DOC
- Sicilia Fiano DOC
- Sicilia Damaschino DOC
- Sicilia Pinot grigio DOC
- Sicilia Cabernet Franc DOC
- Sicilia Cabernet Sauvignon DOC
E ricopre l’intera superficie della regione Sicilia.

Tipologia di Vino
I vini Sicilia DOC con la menzione del vitigno: vitigno corrispondente min 50%. Possono concorrere altri vitigni a bacca di colore simile, idonei alla coltivazione nella Regione Sicilia, fino ad un max 50%.
Storia della DOC
La Sicilia è una delle regioni di più antica tradizione viticola come dimostrano i numerosi reperti archeologici (ampeloliti fossili, anfore ad uso vinario, monete con figurazioni dionisiache e uvicole) e le molteplici fonti letterarie greche e latine che fanno riferimento ai rinomati vini siciliani.

Sin dall’epoca dei Fenici (IX-IV secolo a.C.) il commercio di olio e vino è testimoniato dalla presenza di anfore utilizzate per il trasporto e da altre tipologie di ceramiche, quali le brocche bilobate e le coppe carenate, che costituivano i “servizi” normalmente impiegati per il consumo di vino. Le recenti ricerche archeologiche dimostrano, inoltre, che i Fenici si occuparono anche di attività agro-pastorali, oltre che di commercializzazione (M. Botto 2001).

Grande splendore i vigneti ebbero durante la colonizzazione dei Greci (VIII-III secolo a.C.), che
introdussero alcuni vitigni come il Grecanico, giunto sino ai nostri giorni. Si ritrovano raffigurazioni di scene viticole sulle monete a testimonianza della sviluppata attività economica della regione legata alla produzione vinaria.

Durante il dominio dei Romani (III secolo a.C.-V secolo d.C.), in particolare in età cesarea nella
Gallia è attestata la presenza di vino siciliano. Plinio citava il Mamertino del messinese, quando
Cesare brindò alla festa per il suo trionfo al terzo consolato. Durante il declinio dei Romani, in Sicilia si afferma la classe dei grandi proprietari terrieri, come è attestato dalla presenza di grandi ville rustiche come quella del Casale di Piazza Armerina, nei cui mosaici sono rappresentate scene di vendemmia, a testimonianza della coltivazione dei vigneti nel
territorio.

Successivamente, le continue invasioni dei barbari nelle campagne portarono all’abbandono delle stesse, per cui la coltivazione della vite cadde in declino. Nonostante il Corano facesse divieto di assumere alcolici, durante il dominio dei Musulmani (827-1061) venivano coltivate le uve da mensa e fu introdotto a Pantelleria il vitigno Zebib (oggi Zibibbo o Moscato di Alessandria), tratto dal Capo Zebib in Africa di fronte l’isola di Pantelleria (B.Pastena 1970).

La vite e l’ulivo ripresero la loro espansione durante il periodo della dominazione dei Normanni; in seguito, durante il periodo della dominazione degli Aragonesi, il vino siciliano raggiunse grande rinomanza, attestata dalla costituzione di numerose società di vendita di vino, come riferisce il Cougnet nella sua Historiae de la table. Durante la dominazione degli Spagnoli (1512-1713), nei territori interni aumentarono i vigneti, gli oliveti e i mandorleti e, dove abbondava l’acqua anche i giardini e le coltivazioni di ortaggi. Nel cinquecento, Tommaso Fazello, nel suo “De rebus Siculis”, cita come zone assai vitate il territorio di Aci, il contado di Messina, la pianura ai piedi dell’Etna, la Val di Mazara e la piana di Palermo.

Bacci, nel suo celebre Naturali vinorum historia, cita i vigneti alle falde del Monte Erice, quelli del territorio di Palermo e dell’isola di Lipari, sparsa di fecondi colli. L’importanza della produzione vitivinicola in questo periodo viene attestata dalla costituzione delle maestranze dei bottai a Salemi nel 1683 e di quella di Palermo.

Durante il successivo dominio dei Piemontesi e degli Austriaci la viticolture visse un periodo di
crisi dalla quale si risollevò in epoca Borbonica, come attesta il viaggiatore lucchese G.A. Arnolfini, nel suo “Giornale di viaggio” del 1776, dove parla del vino siciliano che si produce in abbondanza in tutte le parti dell’isola. Il commerciante inglese John Woodhouse apre uno stabilimento vinicolo a Marsala, sviluppando il commercio dei vini Marsala con l’Inghilterra; Anche Benjamin Ingham apre diversi stabilimenti a Marsala e Mazara; ma ad esaltare lo sviluppo del commercio del Marsala contribuì in maniera preponderante la fondazione di uno stabilimento da parte dell’imprenditore Vincenzo Florio.

Nel 1862, Garibaldi tornò in Sicilia e visitò lo stabilimento Florio, bevve e lodò il Marsala dolce
che da allora in poi fu denominato “Garibaldi dolce”. Nella seconda metà dell’ottocento, l’invasione della fillossera distrugge gran parte dei vigneti dell’isola e la vite viene soppiantata da altre colture. Agli inizi del XX secolo si diffuse la tecnica dell’innesto su vite americana resistente alla fillossera e la vite cominciò nuovamente a verdeggiare.
La crisi economica conseguente alla fillossera e la guerra commerciale con la Francia segnarono la fine della produzione dei vini ad alta gradazione ed ad intenso colore, che venivano esportati in Francia come vini da taglio, ed aumentò la produzione dei vini da pasto a più moderato tenore alcolico, profumati e freschi. E’ verso la fine degli anni ’80 ed i primi anni ’90 che si può indicare l’inizio della moderna storia del vino siciliano. Si assoda la capacità della Sicilia a produrre vini bianchi di qualità sia con vitigni autoctoni come Inzolia, Catarratto, Grillo, sia con vitigni alloctoni, come lo Chardonnay, Muller Turgau e Sauvignon. Negli anni novanta inizia la sperimentazione e la produzione di vini rossi di alta qualità con il vitigno autoctono Nero d’Avola e gli alloctoni Cabernet, Merlot, Syrah, Petit Verdot e Pinot nero.
Il protagonista indiscusso di tale nuovo corso è il Nero d’Avola, che anche in assemblaggio con altri vitigni internazionali riesce a caratterizzare e a marcare il vino stesso, non solo per l’aspetto cromatico, ma soprattutto perché conferisce al vino una tipicità riconducibile ai sapori mediterranei.
DOC

1995
Cantine
- Alessandro di Camporeale
- Baglio del Cristo di Campobello
- Baglio di Pianetto
- Feudo Arancio
Vini
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