Tarquinia DOC
Vitigni: vari
La denominazione Tarquinia DOC raccoglie diverse tipologie di vino:
- Tarquinia Bianco DOC
- Tarquinia Rosso DOC
- Tarquinia Rosato DOC
anche nelle versioni Amabile, Frizzante. Questi vini sono ottenuti da diverse uve prodotti in una serie di comuni affacciati sul Tirreno delle province di Viterbo e Roma.

Tipologia di Vino
Tarquinia DOC Bianco: Trebbiano toscano e/o Trebbiano giallo min 50%, Malvasia di Candia e/o Malvasia del Lazio max 35%. Possono concorrere altri vitigni a bacca bianca, idonei alla coltivazione nella regione Lazio, fino ad un max 30%.
Tarquinia DOC Rosso: Sangiovese e Montepulciano min 60%, con un minimo di presenza dell’uso o dell’altro vitigno non inferiore al 25%. Cesanese comune min 25%. Possono concorrere altri vitigni a bacca nera, idonei alla coltivazione nella regione Lazio, fino ad un max 30%.
Per i nuovi impianti e reimpianti la densità non può essere inferiore a 2500 ceppi per ettaro. Le non elevate rese produttive (105 hl/ha) per le tipologie bianche e (98 hl/ha) per le tipologie rosse e rosate.
Caratteristiche pedo-climatiche del territorio
L’andamento del territorio retrostante il litorale, che si estende dal tarquiniese al ceretano, è caratterizzato da un aspetto collinare, ma spesso addolcito da grandi pianori tufacei, dovuti ad una attività eruttiva di tipo lineare del sistema sabatino, che ha dato luogo a pareti scoscese con declivi e versanti alquanto arrotondati che si raccordano in valli poco solcate ed incise da fossi o torrenti. Conseguentemente la genesi del territorio è segnata da una lunga vicenda geologica scandita da tre fasi di vulcanesimo che risalgono rispettivamente all’Eocene, al Miocene e al Quaternario: queste hanno originato nel medesimo comprensorio tre settori a caratteristiche morfologiche differenziate e quindi tre tipi di terreni. Una serie di picchi quasi tutti di tipo trachitico rappresentano i punti più alti (e geologicamente più antichi) dove le cime più elevate possono talora superare i 600 m s.l.m. (M. delle Grazie, M. della Frombola e M. Sassicari), al contrario la Montagnola e la Tolfaccia rappresentano due cupole laviche isolate, mentre il pianoro di Pian Sultano risulta composto,
almeno superficialmente da un grande piastrone di travertino.

Si riscontrano di conseguenza: terreni del Pliocene Superiore e Pleistocene composti da prodotti tardo-vulcanici (lave in domi, ignimbriti e tufi); terreni del Miocene Superiore – Pliocene composti da argille grigie e sabbie argillose: questi terreni sono sovrastati da quattro piccole acropoli (i “Piani”) del Quaternario (ignimbriti e tufi) riferibili all’apparato vulcanico sabatino; terreni che risalgono al Cretaceo Superiore composto da argilliti brune con alternanze di calcari (marnosi e silice). Nel litorale, di origine alluvionale ed interessato parzialmente dalle formazioni vulcaniche sono presenti: terreni derivanti da dune antiche e dune costiere di sabbie consolidate (sabbie di litorale marino o di litorale lacustre); terreni composti da sabbie con marne ed argille, depositi alluvionali antichi con ghiaia e sabbie più o meno argillose con depositi palustri e lacustri; terreni derivanti da depositi vulcanici come le piroclastici, le pozzolane nere e le pozzolane rosse. Sono presenti anche terreni costituiti da sedimenti marini di natura argillosa che rappresentano il lito-tipo più antico affiorante nell’area romana e che emergono nelle aree più depresse e lungo le principali incisioni vallive. Al colmo dei rilievi collinari affiorano, invece, prodotti vulcanici quali i tufi stratificati, provenienti dall’apparato dei monti Sabatini.

L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 2 e i 663 m s.l.m.: l’esposizione generale è orientata verso ovest, sudovest. Il clima dell’area è di tipo mediterraneo ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue scarse comprese tra i 593 ed i 940 mm, con aridità estiva intensa e prolungata per 4 mesi da maggio ad agosto (pioggia 71-112 mm). Temperatura media piuttosto elevata compresa tra i 15,0 ed i 16,4°C:
freddo poco sensibile, concentrato nel periodo invernale, tuttavia presente anche a novembre ed aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 2-3 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 2,9 e 6,8° C.
Storia della DOC
Presso gli Etruschi la coltivazione della vite raggiunse un notevole progresso, favorito anche da evolute conoscenze tecniche e da materiale ampelografico di varia origine, raccolto attraverso gli ampi rapporti commerciali di questo popolo. Per quanto riguarda le zone e i vitigni coltivati dagli Etruschi, alcuni scritti di Plinio testimoniano in modo abbastanza preciso la produzione vitivinicola in Etruria. A Gravisca (antico porto di Tarquinia) e nell’antica Statonia (nel territorio di Vulci) già nel 540-530 a.C. i vigneti erano in grado di fornire una produzione sufficiente ad alimentare un rilevante commercio esterno.
Le fonti letterarie ed archeologiche testimoniano l’esistenza di una importante e rinomata produzione vitivinicola nel territorio ceretano: la scoperta del relitto di una nave etrusca nelle acque antistanti Marsiglia risalente al VI secolo a.C. racconta del ruolo di esperti viticoltori e grandi commercianti svolto dagli Etruschi di Cerveteri. I georgici latini citano più volte il vino del Ceretano: Marziale ricorda il vino caeretanus come
ottimo e che assomigliava al Setino vecchio e di buona qualità, e anche Columella celebra l’antica Cere per il suo vino squisito.

Gli Statuti della città di Civitavecchia emanati nel 1451 contenevano ben 20 capitoli che regolamentavano la produzione ed il commercio del vino, ed in particolare prevedevano l’epoca della vendemmia, pene per i danneggiatori delle vigne e le misure che dovevano usare i Tavernari per la vendita. In tempi più recenti, nel 1761, il Marchese Frangiapani nella Istoria dell’antichissima città di Civitavecchia, riporta in un passo la vigna del Sig. Malacrosta, e anche un passo del Muratori che nell’ Antichità Italiane del mezzo tempo, descrivendo la vita di Cola di Rienzo (1327-1354) riporta intorno a Civitàvecchia: “guastaro vigne, oliveta, arvori: ogni cosa messe in ruina”. Nell’Inchiesta Jacini, Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe
agricola (1883), si riportano aumenti di superfici a vigneto nei comuni di Cerveteri con varietà principali Uva Grassa, Buccia dura, Verdello, Spagnuola e Procanico e Tolfa (Pergolese e Aleatico).
Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo importante nell’economia agricola del territorio contribuendo allo sviluppo sociale ed economico dell’area come testimonia la Sagra dell’uva e del vino dei Colli Ceriti giunta alla cinquantesima edizione
DOC

1996
Estensione: 245 000 ettari
Cantine
- Tenuta Sant’Isidoro
Una risposta
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