L’acidità nel vino
L’acidità del vino
L’acidità è una componente essenziale del vino, ed è ciò che ne garantisce la vita. Un vino senza acidità è da considerarsi un vino morto. L’acidità nel vino spesso ne migliora l’aspetto visivo, donando vivacità nei riflessi e colori più intensi e vivi. Ma non è solo importante per questo. Infatti anche al gusto è in grado di provocare quella particolare sensazione di freschezza. Ecco perchè nel gergo tipico dei sommelier si preferisce parlare più di una scala di freschezza che di una di acidità.

Quindi l’acidità è una delle componenti che vengono analizzate durante una degustazione. Ma da che cosa viene l’acidità presente nel vino? Come si sviluppa? Quali diversi tipi di acidi si trovano nel vino, e in che modo contribuiscono alla qualità di un vino?
Sono queste le domande a cui risponderemo in questo articolo.
Acidi pre-fermentativi o post-fermentativi
Nella classificazione degli acidi presenti nel vino, una classica divisione è quella tra acidi prefermentativi e postfermentativi.
Gli acidi prefermentativi sono quelli presenti all’interno del mosto prima del processo di fermentazione, naturalmente sintetizzati all’interno della pianta e poi arrivati intatti o comunque in quantità diversa, nel vino alla fine della produzione.
Gli acidi postfermentativi sono quegli acidi presenti nel vino, ma che non sono presenti nell’uva e quindi neanche nel mosto dopo la prima pigiatura. Questi particolari acidi sono il prodotto della fermentazione e generalmente provengono da altri acidi o alcoli che vengono metabolizzati dai lieviti (o batteri) attivi durante la fermentazione.

Gli acidi pre-fermentativi
Questa categoria di acidi è quella presente nell’uva al momento della vendemmia. Essendo un prodotto naturale, la maggior parte di questi acidi sono dei metaboliti, cioè sono delle sostanze implicate nei cicli vegetativi e in altre reazioni che avvengono all’interno della pianta. Tra questi i più importanti, e che ritroviamo in discrete quantità nel vino, sono:
- acido tartarico
- acido malico
- acido citrico
L’acido tartarico e l’acido malico rappresentano oiù del 90% della totalità degli acidi presenti nell’uva, essendo sintetizzati nelle foglie e soprattutto negli stessi grappoli. Nonostante la loro somiglianza chimica, questi acidi si formano per vie molto diverse e la loro evoluzione è la stessa nel corso della maturazione.
Tuttavia, mentre il grappolo matura, e in funzione del tipo di varietà, gli acidi diminuiscono per loro combustione durante la respirazione, neutralizzazione o salificazione con l’apporto di acqua nei chicchi di uva.

Acido Tartarico
L’acido tartarico ha un gusto duro e contribuisce molto alla durezza che si può riscontrare nel vino, soprattutto se presente in buone concentrazioni. Infatti l’acido tartarico è uno di quelli più presenti nel vino con concentrazioni generalmente comprese tra 2 e 5 gr/l. Una sua particolarità, spesso sfruttata in enologia, è che, se portato a basse temperature, questo acido tende facilmente a precipitare come sale. Si ha così nel vino la formazione di cristalli di calcio o potassio (totalmente innocui) che precipitano lentamente, formando così un deposito sul fondo della bottiglia. Spesso la formazione di questi fondi indica una non corretta stabilizzazione del vino in cantina.

Acido Malico
L’acido malico ha un fortissimo gusto aspro che può anche compromettere la qualità di un vino se si presenta in discrete concentrazioni. Si può percepire nel vino con sensazioni non piacevoli di asprezza acerba, tipica dei frutti verdi non ancora maturi. Si trova in alte concentrazioni nella frutta acerba, e quindi anche nei grappoli verdi non ancora maturi, e nella parte vegetale. Con il maturare però questa concentrazione va via via diminuendo. Nonostante questo, spesso questo acido è presente in grande quantità nel mosto. Infatti una vendemmia anticipata, o una provenienza dell’uva da climi freddi, possono impedire una corretta maturazione e quindi il consumo dell’acido malico. Ma in enologia, la presenza di questo acido si può ridurre, se non proprio eliminare, grazie alla fermentazione malolattica che lo converte in acido lattico, molto meno duro e di migliore sapore. Comunque l’acido malico è importante anche per la conservazione e la lunghezza di vita dei vini. I vini rossi, che hanno subito la fermentazione malolattica per eliminare questo acido malico, presentano una minore acidità di questo tipo rispetto a vini bianchi e rosati, a cui spesso è richiesta una maggiore acidità (durezza)

Acido Citrico
L’acido citrico, a differenza dei due precendenti, non è presente in grandi quantità nell’uva e quello che si ritrova nel mosto viene in gran parte fermentato dai batteri e quindi si ritrova nel vino in bassissime concentrazioni.
Gli acidi post-fermentativi
Ma non tutta l’acidità presente del vino è quella derivata dall’uva. Infatti molti acidi si formano durante la fermentazione, la conservazione e l’invecchiamento del vino, sia per processi catabolici che anabolici. Tra questi, ve ne sono alcuni che giocano un ruolo importantissimo nel vino, quasi al pari passo di quelli pre-fermentativi che abbiamo appena visto. I più importanti sono:
- acido lattico
- acido succinico
- acido acetico

Acido Succinico
L’acido succinico è prodotto solo durante la fermentazione.
Acido lattico
L’acido lattico proviene dalla fermentazione malo-lattonica che lo produce dall’acido malico presente in grande quantità nell’uva. L’acido lattico è molto più morbido al gusto rispetto al malico. Generalmente, si ha una concentrazione di acido lattico maggiore nei vini rossi che in quelli bianchi, data che quest’ultimi, spesso, non vengono sottoposti a malolattica.

Acido acetico
L’acido acetico si forma durante la fermentazione, ed aumenta leggermente come sottoprodotto della fermentazione malolattica. Si differenzia da tutti gli altri acidi, perchè è responsabile dell’acidità volatile, è infatti un composto volatile e si rileva facilmente per via nasale. La sua quantità deve rimanere molto bassa, perchè il suo forte sapore e odore compromettono enormemente la qualità del vino.

Acido isobutirrico e altri
L’acido isobutirrico e motli altri acidi simili sono spesso presenti in piccole concentrazioni ma giocano un ruolo importantissimo. Infatti si formano come sottoprodotti del processo di fermentazione e sono dotati di profumi e sapori particolari (dolci, frutta, formaggio…) che influenzano molto le caratteristiche organolettiche del vino contribuendo al suo bouquet.

Come viene misurata l’acidità di un vino per determinarne la sua qualità?
Abbiamo visto una serie di acidi e in che misura contribuisce ciascuno di essi alla sensazione piacevole o spiacevole dell’acidità. Ma l’acidità, data la sua importanza anche per altri fattori, non sono di degustazione, viene anche misurata mediante alcuni parametri più oggettivi, che permettono all’enologo di poter valutare la corretta produzione e la qualità del vino.
I parametri acidi che influiscono sulla qualità di un vino sono:
- pH
- acidità totale
- acidità volatile
Il pH è un parametro che si usa per indicare l’acidità di una soluzione, e quindi anche del vino. Esistono strumenti che permettono di poter misurare questo valore (pHmetri) in maniera rapida e veloce. L’intervallo di valori di pH che i vini dovrebbero avere dovrebbe essere tra 3.1 e 3.9.

L’acidità totale esprime la somma (in concentrazione) di tutti gli acidi del vino. Viene espressa in acido tartarico, e i valori normali oscillano tra 4.5 e 6.0 g/l.
L’acidità volatile esprime la concentrazione di acido acetico presente nel vino. I valori normali dovrebbero rimanere nell’intervallo tra 0.3 e 0.6 g/l. Quando un vino sa di spunto (sensazione pungente di aceto), presenta un’acidità volatile superiore ad 1 g/l. Infatti è proprio a queste concentrazioni che il vino presenta quel non grazioso odore di aceto o di vernice. L’incremento di acidità volatile è spesso dovuta ad un’alterazione indesiderata del vino, spesso durante il processo di affinamento.