Le mannoproteine, cosa sono e che ruolo svolgono nei vini di qualità
Completamente sconosciute al consumatore, le mannoproteine sono un componente molto importante che gioca un ruolo importante nella caratterizzazione di vini di qualità rispetto a quelli di base. In questo articolo vedremo insieme che cosa sono, in che ambito vengono coinvolti e che ruolo giocano nell’ambito dell’analisi sensoriale.

Che cosa sono le mannoproteine?
Le mannoproteine sono una particolare tipologie di glicoproteine, cioè proteine legate a molecole di zucchero, più precisamente a residui di mannosio, da cui appunto il nome manno-proteine . Queste sostanze si formano all’interno dei lieviti che giocano un ruolo fondamentale nella fermentazione come il Saccharomyces cerevisiae. Queste una volta prodotte vanno a costituire le pareti cellulari dei lieviti, conferendogli la rigidità necessaria a mantenere la loro struttura.

Come si formano le mannoproteine nel vino?
Al termine della fermentazione, soprattutto a causa di una sempre maggiore concentrazione alcolica, le cellule di lievito cominciano a morire, e scoppiando (autolisi), rilasciano la parete cellulare che va via via disgregandosi e liberando così molecole di polisaccaridi e oligosaccaridi di cui è formata, tra cui proprio le mannoproteine. Questa disgregazione viene in gran parte svolta dagli enzimi rilasciati dai lieviti e presenti ora nel vino.

Quindi con la morte di tutti i lieviti presenti nel vino e l’idrolisi enzimatica che ne consegue, vi è un graduale arricchimento del vino di mannoproteine.
Quali sono gli effetti delle mannoproteine sul vino?
Il vino dopo la fermentazione si trova quindi arricchito da una discreta quantità di mannoproteine che andranno ad influenzare le caratteristiche del vino che si va producendo. Quindi anche le mannoproteinie entrano tra le classi di sostanze che giocano un ruolo fondamentale per ottenere un vino di qualità.

Stabilizzazione del vino
La presenza di mannoproteine nel vino porta ad incrementare notevolmente la stabilità del vino, andando ad influenzare molti processi di decadimento o di trasformazione degli elementi che ne caratterizzano la qualità.
- Stabilità dei tartrati. L’acido tartarico presente nel vino va via via, durante l’affinamento, formando sali di tartrato che instabili in soluzione acquosa tendono a cristallizzare e a precipitare formando un fondo sulla bottiglia. Le mannoproteine stabilizzano la presenza dei tartrati solubili nel vino andando a giocare quindi sulle sensazioni di “sapinìdità” o “mineralità” di un vino.
- Stabilità del colore. Si è scoperto che le mannoproteine permettono di prolungare la vita delle sostanze coloranti presenti nel vino, rallentandone l’evoluzione.
- Stabilità del corpo. Le mannoproteine grazie alle forti interazioni che hanno con i tannini e con le altre proteine presenti nel vino, favoriscono la presenza di un corpo del vino. Si ha quindi un miglioramento della percezione organolettica, migliorando le sensazioni di “corpo” e di “volume”, fondamentali per garantire la qualità di un vino durante la degustazione.
- Stabilità della frazione aromatica. In particolare rallentano la percezione retrogusto-olfattiva, prolungando la sensazione di “persistenza” di questi aromi in bocca, aumentando quindi la qualità del vino.
Altri importanti effetti sul fino:

- Arrotondamento dei tannini al palato. La presenza di mannoproteine, data la loro particolare interazione con i tannini, agisce sulla sensazione di astringenza e di amarezza dovuta ai tannini, rendendoli più morbidi e gradevoli al palato.
- Favoriscono la fermentazione malolattica. Le mannoproteine favoriscono lo sviluppo dei batteri lattici che sono utili durante la fermentazione malolattica.
Le mannoproteine e l’affinamento sui lieviti
Essendo ora noti tutti gli effetti di una buona concentrazione di mannoproteine nel vino, si può comprendere meglio il perchè l’affinamento sui lieviti (o sulle fecce) , stia diventando, negli ultimi anni, una pratica molto diffusa per la produzione di vini di qualità, in particolare di vini bianchi.

Infatti il prolungato contatto del vino con i lieviti ormai morti protratto con la tecnica dell’affinamento sui lieviti, permette quindi di incrementare la quantità di mannoproteine presenti nel vino. Questo processo quindi conferisce al vino delle modifiche chimico-fisiche e sulle sue componenti tali da modificare notevolmente il suo profilo organolettico.
L’affinamento sopra i lieviti viene quindi dapprima studiata dall’enologo per ottenere un vino dalle qualità diverse da quelle ottenute normalmente, e che spesso portano a risultati voluti e gradevoli (non sempre). Si ha quindi un maggior corpo e volume nel vino ed una maggiore presenza degli aspetti varietali del vitigno (o vitigni utilizzati).

A discapito di questa operazione, ci sono però degli inconvenienti a cui si può andare incontro. Infatti la presenza di mannoproteine ad alta concentrazione può però influire sul problema microbico. Infatti come nel caso del batteri lattici, queste sostanze incrementano la probabilità di uno sviluppo microbico indesiderato nel vino, andando a compromettere seriamente la qualità del vino. Inoltre non sempre la maggiore stabilità del vino non sempre è desiderata, dato che si riducono notevolmente gli effetti ossidativi, spesso desiderabili durante la fase di affinamento.
Quindi a tal proposito si devono sviluppare tecniche e controlli durante l’affinamento che permettano di ottenere un affinamento sulle fecce che produca gli effetti desiderati.