La storia del vino nella Valle d’Aosta
La presenza della vite in Valle d’Aosta risale all’età del bronzo, come testimonia il recente ritrovamento di vinaccioli nell’area archeologica di Saint Martin de Corléans ad Aosta. La coltivazione di vigneti specializzati per la produzione di vino viene generalmente attribuita ai Romani. Reperti del I sec d.C. testimoniano la presenza del vino. Sono state ritrovate infatti, anfore, brocche e bottiglie in locali probabilmente adibiti alla torchiatura.

La più antica testimonianza scritta che attesti la presenza della viticoltura in Valle d’Aosta è un atto di donazione di un vigneto risalente al 1032 d.C.. Questo per ora è il primo di una lista lunga di documenti, atti di compravendita e di donazione di vigneti, che attestano l’importante ruolo che la vite ed il vino ebbero nel Medioevo.

Tuttavia, la viticoultura valdostana conobbe anche momenti difficili. Una crisi particolarmente grave fu quella registrata nel XVII secolo a seguito di una grave epidemia di peste oltre che ai frequenti transiti di truppe e nella diminuzione dei passaggi ai valichi alpini.

La coltivazione della vite rifiorì nel periodo napoleonico e nel corse del XIX secolo quando la superficie vitata raggiunse la sua massima estensione: circa 3000 ha secondo alcune stime dell’epoca. Seguì un lento ed inesorabile declino, a partire dalla fine del XIX secolo. Diverse furono le cause del suo ridimensionamento: la comparsa della fillossera e delle malattie crittogamiche (oidio e peronospora), le guerre mondiali, l’avvento della ferrovia che facilitò l’importazione da altre regioni di vini a basso costo e l’industrializzazione che sottrasse manodopera all’agricoltura. Quest’ultimo aspetto unitamente all’incremento del settore terziario determinò un lento e progressivo abbandono della viticoltura e della campagna in genere.

Negli anni cinquanta la viticoltura e l’agricoltura in generale ebbero un nuovo impulso grazie all’istituzione dell’École Pratique d’Agriculture (1951), divenuta Institut Agricole Régional nel 1982. La gestione dell’École Pratique fu affidata all’Amministrazione Regionale ai canonici svizzeri della Casa Ospitaliera del Gran San Bernardo. Oltre a trasmettere conoscenze teoriche e pratiche della professione, la scuola ebbe modo di divulgare nuove tecniche di coltivazione contribuendo a convertire gradualmente la produzione viticola orientandola verso la ricerca della qualità dei vini, piuttosto che della produttività.

Una delle figure che più contribuì al rilancio della vitivinicoltura valdostana fu il Canonico J. Vaudan, già presidente del consiglio di amministrazione, direttore della scuola e responsabile del settore vitivinicolo della Fondazione, che credette fortemente nella vocazione del territorio valdostano. L’attività di formazione degli studenti e di sperimentazione nei principali settori agricoli valdostani è continuato poi l’Institut Agricole Régional (1982). La costruzione della cantina sperimentale risale al 1969; nel 2004 essa è stata ricostruita ed attrezzata con dotazioni tecnologiche all’avanguardia per volontà dell’Amministrazione Regionale.

Negli anni settanta nascono le prime Cantine Cooperative, che svolgono un ruolo molto importante nella trasformazione delle uve e nella diffusione dei vini valdostani. Con esse si passa dalla produzione individuale destinata all’autoconsumo all’associazionismo finalizzato al presidio del territorio, al mantenimento dei vigneti e all’offerta di un prodotto di migliore qualità. Il miglioramento della qualità dei vini ne aumenta l’apprezzamento da parte del mercato; l’aumento della domanda favorisce la nascita di nuove aziende private nonchè la crescita delle realtà esistenti, stimolando tra l’altro l’impiego di giovani in agricoltura. Ad oggi sono presenti sei cantine cooperative ed una quarantina di cantine private molte delle quali organizzate in associazione di produttori.
